A cura di Life Strategies
La paura di farcela: a ben pensarci, questa espressione è un paradosso. Coltivare e sviluppare relazioni sane, avere successo nello studio e nel lavoro, crescere e fissare nuovi obiettivi che ci motivino e spingano a dare il meglio di noi dovrebbero essere fonte di gratificazione e rappresentare uno step importante per la nostra crescita.
Com’è possibile, allora, che, una volta arrivati a ridosso del traguardo, veniamo colti dalla paura di superarlo?
La nikefobia e le sue varianti
Come sottolinea il prof. Giorgio Nardone, “per molti decenni si è parlato di nikefobia, la paura della vittoria, solo in ambito di scienza dell’alta prestazione”. Con questo termine si faceva riferimento, cioè, ad atleti, artisti, top manager e a tutti quei professionisti a cui vengono sempre richieste performance di alto livello.
In realtà, quello della nikefobia è un fenomeno decisamente più diffuso, che riguarda il rapporto con noi stessi, con gli altri e con il mondo. Ciò accade perché la paura della vittoria ha a che fare con un limite che ognuno di noi può decidere di costruire per non soffrire: “è come se, in anticipo, intuissimo emotivamente, più che razionalmente, che il successo potrebbe essere pericoloso”.
La nikefobia può manifestarsi in diverse forme. Il prof. Giorgio Nardone, nell’ambito dei suoi studi su questo tema, ne ha individuate alcune tipologie ricorrenti:
- quella in cui la propria vittoria potrebbe causare sofferenza a una persona cara. Ciò avviene quando accanto a noi c’è qualcuno che ha sempre desiderato raggiungere un determinato obiettivo senza mai riuscirci. Nel caso in cui fossimo noi ad avere successo in quello stesso ambito, potremmo causare un dolore profondo a quella persona. È il caso di una promozione a lavoro o di un voto a un esame universitario.
Il meccanismo che scatta in questi casi non è intenzionale o consapevole. È un’emozione che si sviluppa a un livello inconscio. È una sorta di sofferenza acuta, perché l’altro sente – anche se non lo esprime – che noi siamo riusciti laddove lui ha sempre fallito.
- La paura di diventare grandi. Presente soprattutto nei giovani, riguarda tutte le circostanze in cui un successo personale, o professionale, implica l’assumersi un maggior grado di responsabilità e un più rilevante carico psicologico.
Ciò avviene, per esempio, quando si sta per abbandonare il nido familiare. In situazioni come queste, il cambiamento può generare forti resistenze: alla maggiore indipendenza corrisponde la mancanza della figura “garante” dei genitori, che non svolgono più mansioni pratiche per conto dei propri figli e che smettono di decidere per loro.
Allo stesso modo, anche una promozione sul posto di lavoro potrebbe diventare una prospettiva non più auspicabile. O laurearsi, pur essendo studenti brillanti, diventa un problema perché significherebbe abbandonare l’ambito accademico, in cui si sono ottenuti ottimi risultati, per tuffarsi nel mercato del lavoro, che, oltre ad essere incerto, è anche totalmente nuovo. In situazioni come queste il peso della vittoria si annida proprio nella responsabilità: quando il cambiamento è “epocale”, tutto ciò che ne deriva viene percepito come scomodo, pericoloso o troppo grande da affrontare.
- La paura degli iper-perfezionisti, o più in generale di chi cerca di eccellere in tutto. Attitudine che può degenerare in uno stato di iper-controllo maniacale, come nella gestione degli spazi intimi.
Il problema è che, nel tentativo di dare il massimo, gli iper-perfezionisti si spingono oltre ogni limite, fino allo sfinimento. In questo caso, è il cervello ad intervenire, attraverso una reazione atavica, legata al paleoncefalo, la parte più antica e istintiva del nostro sistema nervoso. Il cervello ci blocca per non permettere al nostro corpo, che viene sottoposto ad uno stress performativo costante, di raggiungere il completo esaurimento di tutte le risorse che abbiamo a disposizione.
Sbagliare per superare la paura di farcela
Come possiamo, dunque, superare la paura di farcela?
Imparando ad osare, mettendoci nella condizione di correre il rischio di sbagliare, perché senza errori non diventiamo mai davvero capaci. L’errore può essere costruttivo, insegnarci cose che ancora non sapevamo di noi, mostrarci dei limiti, ma anche indicarci quel è la giusta direzione da seguire. Quante grandi scoperte scientifiche sono avvenute solo a seguito di tentativi ed errori ripetuti? Edison sbagliò 2.000 volte prima di riuscire ad inventare la lampadina. Fleming, per sua stessa ammissione, scoprì la penicillina quasi per sbaglio.
Il caso aiuta solo la mente preparata.
Osare significa avere il coraggio di rischiare, di sbagliare, di fare brutta figura, e, se necessario, anche di vergognarsi. Solo così possiamo andare oltre i nostri limiti e crescere. Il cambiamento, e il superamento della paura di vincere, passano attraverso lo scavalcamento di piccoli ostacoli quotidiani, che, anche grazie all’errore, possono aiutarci a costruire la fiducia necessaria per raggiungere e superare serenamente tutti i traguardi che ci prefissiamo.
La paura di farcela, gli autoinganni e le psicotrappole, il dialogo e il cambiamento strategico sono solo alcuni dei temi trattati dal prof. Giorgio Nardone durante i corsi di Life Strategies. Scopri il prossimo appuntamento di cui sarà protagonista, cliccando qui!